Santa Maria Nuova - L' arte della falconeria
La caccia con i rapaci è di origini antichissime e viene fatta risalire agli Egizi. Nel medioevo la praticò con grande passione Federico II di Svevia che, avvalendosi anche del consiglio di valenti falconieri arabi, dedicò ad essa il trattato De arte venandi cum avibus. La falconeria, che richiedeva l’impiego di cavalli e cani e si svolgeva su aree molto estese, coinvolgendo un numero elevato di aiutanti, era una vera disciplina di élite riservata esclusivamente ai sovrani e all’aristocrazia.
Di questa pratica, diffusa presso tutte le corti medievali, ad Asti resta testimonianza nel pavimento musivo della Cattedrale, cha data al XII secolo; la falconeria è citata nella Divina Commedia, nel Decamerone, nei racconti del Novellino e nella Cronica di Giovanni Villani; intorno al 1290 anche Marco Polo la descrive alla corte di Kublai Kan. Abili falconieri erano i Cavalieri Ospitalieri; ed anche le donne potevano praticarla. Prova del prestigio di questa pratica è l’istituzione alla corte di Francia della figura del Gran Falconiere: Luigi d'Orléans, signore della contea di Asti e in seguito re di Francia con il nome di Luigi XII, elesse a questa carica Olivier Sallard, signore di Burron. Suo compito, oltre all'organizzazione ed alla gestione dell'allevamento dei rapaci, era scegliere e acquistare i volatili, che nel XV secolo potevano raggiungere anche il valore di 20 scudi d'oro.
Nel Quattrocento si prediligeva la caccia a volo alto con i falchi pellegrini soprattutto per la cattura di altri volatili. Il falconiere durante la caccia teneva il rapace sul pugno protetto da robusti guanti in cuoio. Falchi, falconi, aquile e gufi vengono portati incappucciati da uno chaperon, un apposito cappuccio che li isola da stimoli visivi durante l'acclimatamento o l'addestramento. Robuste strisce di cuoio avvolgono le zampe dei rapaci appena sopra i rostri. Spesso, alle zampe sono legati anche un campanellino segnaletico e una striscia colorata identificativa.